Paradiso : Canto 9
9.1
Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,
Clemenza: nome della moglie di Carlo Martello ed anche della figlia, sposa, nel 1315, di Luigi X di Francia, alla quale qui Dante si rivolge, secondo alcuni, dato che la moglie di Carlo era morta nel 1295, mentre la figlia, nel 1300, ancora viveva. Purtuttavia " Carlo tuo " è "appellativo essenzialmente coniugale " (Del Lungo).
9.2
m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni
9.3
che ricever dovea la sua semenza;
9.4
ma disse: «Taci e lascia muover li anni»;
9.5
sì ch'io non posso dir se non che pianto
pianto: giusto castigo.
9.6
giusto verrà di retro ai vostri danni.
9.7
E già la vita di quel lume santo
9.8
rivolta s'era al Sol che la riempie
al Sol: a Dio.
9.9
come quel ben ch'a ogne cosa è tanto.
9.10
Ahi anime ingannate e fatture empie,
fatture: creature.
9.11
che da sì fatto ben torcete i cuori,
9.12
drizzando in vanità le vostre tempie!
9.13
Ed ecco un altro di quelli splendori
9.14
ver' me si fece, e 'l suo voler piacermi,
9.15
significava nel chiarir di fori.
significava: manifestava con l'accrescere la sua luminosità esteriore.
9.16
Li occhi di Beatrice, ch'eran fermi
9.17
sovra me, come pria, di caro assenso
9.18
al mio disio certificato fermi.
9.19
«Deh, metti al mio voler tosto compenso,
9.20
beato spirto», dissi, «e fammi prova
9.21
ch'i' possa in te rifletter quel ch'io penso!».
in te rifletter: far giungere a te, senza esprimerlo, il mio pensiero, riflesso da Dio.
9.22
Onde la luce che m'era ancor nova,
9.23
del suo profondo, ond'ella pria cantava
9.24
seguette come a cui di ben far giova:
giova: piace (cfr. lat. "iuvat").
9.25
«in quella parte della terra prava
9.26
italica che siede tra Rialto
tra Rialto: tra Venezia e i monti dai quali discendono il Brenta e il Piave: è la Marca Trevigiana.
9.27
e le fontane di Brenta e di Piava,
9.28
si leva un colle, e non surge molt'alto,
un colle: il colle di Romano, ove sorgeva il castello degli Ezzelini.
9.29
là onde scese già una facella
una facella: il tiranno Ezzelino III da Romano (cfr. Inf. c. XII, n. 107), che causò gravi danni alla regione. .
9.30
che fece a la contrada un grande assalto.
9.31
D'una radice nacqui ed io ed ella:
D'una radice: dai medesimi genitori.
9.32
Cunizza fui chiamata, e qui refulgo
Cunizza: figlia di Ezzelino II e di Adelaide di Mangona (circa 1198-1279). Sposò, nel 1222, Riccardo di San Bonifacio, ma lo abbandonò con la complicità di Sordello, che sembra amasse appassionatamente. Anche se è concordemente ricordata come donna di grande lascivia, tuttavia trascorse a Firenze, ospite dei Cavalcanti, i suoi ultimi anni, volgendo a Dio l'amore prima rivolto alle cose mondane.
9.33
perché mi vinse il lume d'esta stella;
9.34
ma lietamente a me medesma indulgo
indulgo: perdono.
9.35
la cagion di mia sorte, e non mi noia;
9.36
che parria forse forte al vostro vulgo.
che parria: il che potrebbe sembrare incomprensibile a voi uomini. I beati ricordano il male passato solo come un fatto a sè stante, che non li tocca, un dato di conoscenza oggettiva (cfr. Purg. c. XXVIII, 127 e segg.).
9.37
Di questa luculenta e cara gioia
luculenta: assai splendente.
9.38
del nostro cielo che più m'è propinqua,
9.39
grande fama rimase; e pria che moia,
9.40
questo centesimo anno ancor s'incinqua:
questo centesimo anno: il 1300; s'incinqua: si moltiplica cinque volte; il cinque ha il valore generico di molte volte. Cioè: la fama di quel luminoso gioiello (" gioia "), lo spirito che più è vicino a Cunizza, durerà ancora a lungo.
9.41
vedi se far si dee l'omo eccellente,
9.42
sì ch'altra vita la prima relinqua.
relinqua: lasci dopo di sè altra vita, quella della fama.
9.43
E ciò non pensa la turba presente
la turba presente: la popolazione della Marca Trevigiana.
9.44
che Tagliamento e Adice richiude,
9.45
né per esser battuta ancor si pente;
9.46
ma tosto fia che Padova al palude
ma tosto fia: ma presto accadrà che Padova muterà col sangue dei suoi l'acqua del Bacchiglione, che bagna Vicenza, perché i suoi cittadini sono restii a compiere il loro dovere. Cioè nel 1314, quando i Guelfi padovani di Iacopo da Carrara furono sconfitti dai Ghibellini di Vicenza alleati con Cangrande della Scala.
9.47
cangerà l'acqua che Vincenza bagna,
9.48
per essere al dover le genti crude;
9.49
e dove Sile e Cagnan s'accompagna,
e dove Sile: a Treviso, dove il Sile e il Cagnano si uniscono, signoreggia Rizzardo da Camino e già si va tessendo la rete (" ragna ") in cui dovrà cadere, quando nel 1312 verrà assassinato da una congiura guelfa.
9.50
tal signoreggia e va con la testa alta,
9.51
che già per lui carpir si fa la ragna.
9.52
Piangerà Feltro ancora la difalta
Piangerà Feltro: Feltre piangerà la colpa (" difalta ") del so vescovo Alessandro Novello, che nel 1314 consegnerà alcuni fuorusciti ferraresi, suoi ospiti, con un tradimento tale che mai, per simile colpa, si entrò nella prigione di Bolsena ( " Malta " ) dove venivano rinchiusi " li chierici dannati senza remissione " (Buti).
9.53
de l'empio suo pastor, che sarà sconcia
9.54
sì, che per simil non s'entrò in malta.
9.55
Troppo sarebbe larga la biconcia
Troppo: troppo grande bigoncia ci vorrebbe per misurare il sangue dei Ferraresi traditi. L'oncia è unità di misura in uso nel'Italia settentrionale, e corrisponde a circa 30 grammi.
9.56
che ricevesse il sangue ferrarese,
9.57
e stanco chi 'l pesasse a oncia a oncia,
9.58
che donerà questo prete cortese
9.59
per mostrarsi di parte; e cotai doni
per mostrarsi di parte: per essere ligio alla fazione guelfa, il vescovo consegnò gli ospiti a Pino della Tosa.
9.60
conformi fieno al viver del paese.
9.61
Sù sono specchi, voi dicete Troni,
Sù sono specchi: nell'Empireo c'è un ordine di angeli che voi chiamate Troni, i quali, come specchi, riflettono a noi il giudizio di Dio.
9.62
onde refulge a noi Dio giudicante;
9.63
sì che questi parlar ne paion buoni».
9.64
Qui si tacette; e fecemi sembiante
9.65
che fosse ad altro volta, per la rota
9.66
in che si mise com'era davante.
9.67
L'altra letizia, che m'era già nota
L'altra letizia: l'altro spirito lieto, cui ha accennato Cunizza (cfr. v. 37 e segg.).
9.68
per cara cosa, mi si fece in vista
9.69
qual fin balasso in che lo sol percuota.
balasso: il balascio è una specie di rubino.
9.70
Per letiziar là sù fulgor s'acquista,
Per letiziar: per il fatto che si prova letizia in cielo, si acquista in luminosità, cosi come in terra si assume un atteggiamento ridente; ma in terra si prova anche tristezza, per cui l'aspetto si oscura.
9.71
sì come riso qui; ma giù s'abbuia
9.72
l'ombra di fuor, come la mente è trista.
9.73
«Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia»,
s'inluía: s'immedesima in lui.
9.74
diss'io, «beato spirto, sì che nulla
9.75
voglia di sè a te può esser fuia.
fuia: ladra (di sè a te).
9.76
Dunque la voce tua, che 'l ciel trastulla
9.77
sempre col canto di quei fuochi pii
9.78
che di sei ali facen la coculla,
che di sei ali: che si ammantano di sei ali (" coculla " = abito monacale). Sono i Serafini, che, secondo la Bibbia avevano sei ali.
9.79
perché non satisface a' miei disii?
9.80
Già non attendere' io tua domanda,
9.81
s'io m'intuassi, come tu t'inmii».
s'io m'intuassi: s'io potessi immedesimarmi in te, come tu t'immedesimi in me (" t'inmii ").
9.82
«La maggior valle in che l'acqua si spanda»,
La maggior valle: il Mediterraneo, il maggior avvallamento terreste in cui si versa l'acqua che esce fuori dell'Oceano ( " quel mar " ).
9.83
incominciaro allor le sue parole,
9.84
«fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
9.85
tra' discordanti liti contra 'l sole
9.86
tanto sen va, che fa meridiano
che fa meridiano: " che ad una estremità ha per meridiano il cerchio che per l'altra è orizzonte" (Grabher).
9.87
là dove l'orizzonte pria far suole.
9.88
Di quella valle fu' io litorano
litorano: nativo della costa, tra l'Ebro, in Spagna, e la Magra, fiume di confine tra Liguria e Toscana.
9.89
tra Ebro e Macra, che per cammin corto
9.90
parte lo Genovese dal Toscano.
9.91
Ad un occaso quasi e ad un orto
9.92
Buggea siede e la terra ond'io fui,
Buggea: la baia di Bougie, in Algeria, vede il sole al tramonto (" occaso " ) e al sorgere ( " orto " ) quasi contemporaneamente alla terra dov'io nacqui, cioè Marsiglia, che vide il suo porto rosseggiare del sangue dei miei concittadini, quando Bruto ne fece strage perché ribelli a Cesare (cfr. Purg. XVIII, 102).
9.93
che fé del sangue suo già caldo il porto.
9.94
Folco mi disse quellla gente a cui
Folco: è Folchetto (Foulquet) di Marsiglia, trovatore provenzale nato nella seconda metà del sec. XII. Ebbe una vita ricca di avventure sentimentali, e cantò Azalais, moglie del visconte Barral du Bauxsi. Fattosi monaco, divenne vescovo di Tolosa, adoperandosi nella persecuzione dell'eresia albigese. Morì nel 1231.
9.95
fu noto il nome mio; e questo cielo
9.96
di me s'imprenta, com'io fe' di lui;
9.97
ché più non arse la figlia di Belo.
la figlia di Belo: Didone, recando dolore a Sicheo, suo defunto marito e a Creusa, di cui Enea, da lei amato, era vedovo.
9.98
noiando e a Sicheo e a Creusa,
9.99
di me, infin che si convenne al pelo;
al pelo: al colore dei capelli, cioè nel tempo della giovinezza.
9.100
né quella Rodopea che delusa
Rodopea: Fillide, nata in Tracia presso il monte Rodope, che si uccise perché abbandonata da Demofoonte, figlio di Teseo.
9.101
fu da Demofoonte, né Alcide
Alcide: Ercole, discendente da Alceo, quando s'innamoro dl Iole, figlia del re di Tessaglia, Eurito.
9.102
quando Iole nel cuore ebbe rinchiusa.
9.103
Non però qui si pente, ma si ride,
9.104
non della colpa, ch'a mente non torna,
9.105
ma del valor ch'ordinò e provide.
9.106
Qui si rimira ne l'arte ch'addorna
9.107
cotanto affetto, e discernesi 'l bene
9.108
per che 'l mondo di sù quel di giù torna.
per che: per il cui conseguimento i cieli (" 'l mondo di sù ") fan girare le creature ( " quel di giù " ) secondo i loro influssi.
9.109
Ma perché tutte le tue voglie piene
9.110
ten porti che son nate in questa spera,
9.111
procedere ancor oltre mi convene.
9.112
Tu vuo' saper chi è in questa lumera
9.113
che qui appresso me così scintilla
9.114
come raggio di sole in acqua mera.
mera: pura, cristallina.
9.115
Or sappi che là entro si tranquilla
9.116
Raab; e a nostr'ordine congiunta
Raab: è la meretrice di Gerico, che accolse nella propria casa gli esploratori di Giosuè, favorendo la conquista della città da parte degli Ebrei.
9.117
di lei nel sommo grado si sigilla.
si sigilla : si impronta nel massimo fulgore.
9.118
Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta
l'ombra: il cono d'ombra proiettato dalla terra nello spazio.
9.119
che 'l vostro mondo face, pria ch'alt'alma
9.120
del triunfo di Cristo fu assunta.
9.121
Ben si convenne lei lasciar per palma
per palma: quale insegna.
9.122
in alcun cielo de l'alta vittoria
9.123
che s'acquistò con l'una e l'altra palma,
con l'una…: con la Crocifissione, sacrificio simboleggiato dalle palme forate di Cristo.
9.124
perch'ella favorò la prima gloria
9.125
di Iosuè in su la Terra Santa,
9.126
che poco tocca al papa la memoria.
9.127
La tua città, che di colui è pianta,
La tua città: Firenze è come pianta nata dal seme di Lucifero (" colui… che pria… ").
9.128
che pria volse le spalle al suo fattore
9.129
e di cui è la 'nvidia tanto pianta,
9.130
produce e spande il maladetto fiore
il maladetto fiore: il fiorino d'oro.
9.131
c'ha disviate le pecore e li agni,
9.132
però che fatto ha lupo del pastore.
9.133
Per questo l'Evangelio e i dottori magni
9.134
son derelitti, e solo ai Decretali
ai Decretali: i libri di Diritto Canonico e delle costituzioni pontificie, così che appare dai loro margini (" vivagni ") gualciti. Tali libri insegnavano a procurarsi cariche più o meno onorifiche.
9.135
si studia, sì che pare a' lor vivagni.
9.136
A questo intende il papa e 'cardinali;
9.137
non vanno i lor pensieri a Nazarette,
9.138
là dove Gabriello aperse l'ali.
Gabriello: l'Arcangelo che a Nazareth pronunciò le parole dell'Annunciazione, con l'ali distese in atto di riverente adorazione.
9.139
Ma Vaticano e l'altre parti elette
9.140
di Roma che son state cimitero
9.141
a la milizia che Pietro seguette,
a la milizia: alle schiere dei primi cristiani e dei primi martiri.
9.142
tosto libere fien de l'avoltero».
tosto libere fien: sembra un richiamo all'avvento del Veltro (cfr. Inf. c. I, 100 e segg.). "Avoltero" sta per "adulterio".
Poi disse a me: «Elli stessi s'accusa; | questi è Nembrotto per lo cui mal coto | pur un linguaggio nel mondo non s'usa. • Inferno, Canto 31, Verso 76