Purgatorio : Canto 5
5.1
Io era già da quell'ombre partito,
5.2
e seguitava l'orme del mio duca,
5.3
quando di retro a me, drizzando 'l dito,
5.4
una gridò: «Ve' che non par che luca
non par che luca: non sembra che traluca, cioè che il raggio attraversi il corpo, come è invece normale per gli spiriti.
5.5
lo raggio da sinistra a quel di sotto,
a quel di sotto: salendo, Dante segue Virgilio, perciò si trova di sotto.
5.6
e come vivo par che si conduca!».
5.7
Li occhi rivolsi al suon di questo motto,
5.8
e vidile guardar per maraviglia
5.9
pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.
ch'era rotto: che era interrotto dal corpo.
5.10
«Perché l'animo tuo tanto s'impiglia»,
5.11
disse 'l maestro, «che l'andare allenti?
5.12
che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
5.13
Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
5.14
sta come torre ferma, che non crolla
5.15
già mai la cima per soffiar di venti;
5.16
ché sempre l'omo in cui pensier rampolla
5.17
sovra pensier, da sé dilunga il segno,
il segno: la meta.
5.18
perché la foga l'un de l'altro insolla».
perché la foga: perciò la viva attività ( " foga " ) di un secondo pensiero indebolisce (" insolla ") il primo. 20: del color: il rossore della vergogna.
5.19
Che potea io ridir, se non «Io vegno»?
5.20
Dissilo, alquanto del color consperso
5.21
che fa l'uom di perdon talvolta degno.
5.22
E 'ntanto per la costa di traverso
5.23
venivan genti innanzi a noi un poco,
genti: sono le anime dei morti di morte violenta, che si pentirono in extremis.
5.24
cantando "Miserere" a verso a verso.
Miserere: è il salmo L, che nella liturgia cristiana si recita durante le esequie funebri per esprimere pentimento e chiedere perdono delle colpe commesse.
5.25
Quando s'accorser ch'i' non dava loco
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per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,
5.27
mutar lor canto in un «oh!» lungo e roco;
5.28
e due di loro, in forma di messaggi,
messaggi: messaggeri.
5.29
corsero incontr'a noi e dimandarne:
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«Di vostra condizion fatene saggi».
fatene saggi: informateci.
5.31
E 'l mio maestro: «Voi potete andarne
5.32
e ritrarre a color che vi mandaro
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che 'l corpo di costui è vera carne.
5.34
Se per veder la sua ombra restaro,
5.35
com'io avviso, assai è lor risposto:
5.36
fàccianli onore, ed essere può lor caro».
caro: Dante, tornato sulla terra, potrà chiedere che si preghi per loro.
5.37
Vapori accesi non vid'io sì tosto
Vapori accesi: " Non vidi mai sul principio della notte stelle cadenti fendere così rapidamente il sereno e lampi sul tramonto (fendere così rapidamente) nuvole d'agosto "(Momigliano).
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di prima notte mai fender sereno,
5.39
né, sol calando, nuvole d'agosto,
5.40
che color non tornasser suso in meno;
5.41
e, giunti là, con li altri a noi dier volta
5.42
come schiera che scorre sanza freno.
5.43
«Questa gente che preme a noi è molta,
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e vegnonti a pregar», disse 'l poeta:
5.45
«però pur va, e in andando ascolta».
pur va: continua a camminare.
5.46
«O anima che vai per esser lieta
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con quelle membra con le quai nascesti»,
5.48
venian gridando, «un poco il passo queta.
5.49
Guarda s'alcun di noi unqua vedesti,
5.50
sì che di lui di là novella porti:
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deh, perché vai? deh, perché non t'arresti?
5.52
Noi fummo tutti già per forza morti,
per forza: a causa di morte violenta.
5.53
e peccatori infino a l'ultima ora;
5.54
quivi lume del ciel ne fece accorti,
quivi: in punto di morte, un'illuminazione divina ci rese consapevoli (" accorti ") del peccato in cui eravamo vissuti.
5.55
sì che, pentendo e perdonando, fora
5.56
di vita uscimmo a Dio pacificati,
5.57
che del disio di sé veder n'accora».
5.58
E io: «Perché ne' vostri visi guati,
Perché: per quanto mi sforzi di scrutare sui vostri volti.
5.59
non riconosco alcun; ma s'a voi piace
5.60
cosa ch'io possa, spiriti ben nati,
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voi dite, e io farò per quella pace
5.62
che, dietro a' piedi di sì fatta guida
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di mondo in mondo cercar mi si face».
5.64
E uno incominciò: «Ciascun si fida
E uno: è Iacopo del Cassero, nobile di Fano. Fu dei guelfi marchigiani, che appoggiarono Firenze contro la ghibellina Arezzo. Dal 1269 fu podestà di Bologna e avversò, con l'opera e con le parole, le mire di Azzo VIII, marchese di Ferrara, il quale giurò di vendicarsi. Quando nel 1298 fu chiamato podestà a Milano, Iacopo, per evitare il territorio estense, raggiunge via mare Venezia e di lì si diresse a Padova. Raggiunto ad Ornago da sicari di Azzo VIII, venne trucidato:.
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del beneficio tuo sanza giurarlo,
5.66
pur che 'l voler nonpossa non ricida.
nonpossa: è parola composta che, per ragioni prettamente filologiche, va scritta unita.
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Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo,
5.68
ti priego, se mai vedi quel paese
5.69
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
tra Romagna: la marca anconetana, compresa tra la Romagna e il regno di Napoli, retto da Carlo II d'Angiò.
5.70
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
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in Fano, sì che ben per me s'adori
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pur ch'i' possa purgar le gravi offese.
5.73
Quindi fu' io; ma li profondi fóri
Quindi: di lì. Cioè nacque a Fano.
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ond'uscì 'l sangue in sul quale io sedea,
5.75
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
in grembo a li Antenori: nella terra dei Padovani, cosi chiamati da Antenore troiano, mitico fondatore della città.
5.76
là dov'io più sicuro esser credea:
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quel da Esti il fé far, che m'avea in ira
quel da Esti: Azzo VIII.
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assai più là che dritto non volea.
5.79
Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira,
la Mira: borgo fra Padova ed Oriago (" Oriaco "); Oriago si trova fra Padova e Venezia.
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quando fu' sovragiunto ad Oriaco,
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ancor sarei di là dove si spira.
5.82
Corsi al palude, e le cannucce e 'l braco
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m'impigliar sì ch'i' caddi; e lì vid'io
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de le mie vene farsi in terra laco».
5.85
Poi disse un altro: «Deh, se quel disio
un altro: è Buonconte da Montefeltro, figlio del conte Guido (cfr. Inf. c. XXVII). Nel 1289, fu con i ghibellini di Arezzo contro i Fiorentini e partecipò alla battaglia di Campaldino, (nella quale combatté anche Dante), perdendo la vita sul campo. II suo corpo non fu più ritrovato.
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si compia che ti tragge a l'alto monte,
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con buona pietate aiuta il mio!
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Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
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Giovanna o altri non ha di me cura;
Giovanna: è la moglie di Buonconte.
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per ch'io vo tra costor con bassa fronte».
5.91
E io a lui: «Qual forza o qual ventura
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ti traviò sì fuor di Campaldino,
ti traviò: ti trascinò così lontano da Campaldino.
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che non si seppe mai tua sepultura?».
5.94
«Oh!», rispuos'elli, «a piè del Casentino
Casentino: il torrente Archiano, che scorre nel Casentino, nasce dall'Appennino sopra l'Eremo (" l'Ermo ") di Camaldoli e perde il nome (" 'l vocabol suo diventa vano "), quando sfocia nell'Arno.
5.95
traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano,
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che sovra l'Ermo nasce in Apennino.
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Là 've 'l vocabol suo diventa vano,
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arriva' io forato ne la gola,
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fuggendo a piede e sanguinando il piano.
5.100
Quivi perdei la vista e la parola
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nel nome di Maria fini', e quivi
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caddi, e rimase la mia carne sola.
5.103
Io dirò vero e tu 'l ridì tra ' vivi:
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l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno
quel d'inferno: un episodio analogo è già stato visto nell'Inferno (cfr. c. XXVII, 113).
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gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?
5.106
Tu te ne porti di costui l'etterno
l'etterno: l'anima, per una lacrima di pentimento in punto di morte, che me la toglie (" che 'l mi toglie ").
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per una lagrimetta che 'l mi toglie;
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ma io farò de l'altro altro governo!".
de l'altro: del corpo farò ben altro scempio.
5.109
Ben sai come ne l'aere si raccoglie
Ben sai: ben sai come si condensa nell'aria quell'umidità che si riconverte in acqua non appena sale in una zona fredda.
5.110
quell'umido vapor che in acqua riede,
5.111
tosto che sale dove 'l freddo il coglie.
5.112
Giunse quel mal voler che pur mal chiede
Giunse: quella maligna volontà, che soltanto male chiede con la sua mente, unì (" giunse ") e agitò il vapore acqueo (" fummo ") e il vento.
5.113
con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e 'l vento
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per la virtù che sua natura diede.
5.115
Indi la valle, come 'l dì fu spento,
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da Pratomagno al gran giogo coperse
Pratomagno: tra Pratomagno (monte tra il Valdarno casentinese e il Valdarno superiore) e la Giogana (" gran giogo ") si stende la piana di Campaldino.
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di nebbia; e 'l ciel di sopra fece intento,
intento: denso di vapori.
5.118
sì che 'l pregno aere in acqua si converse;
5.119
la pioggia cadde e a' fossati venne
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di lei ciò che la terra non sofferse;
ciò che la terra: quanto la terra non assorbì.
5.121
e come ai rivi grandi si convenne,
5.122
ver' lo fiume real tanto veloce
lo fiume real: erano detti reali i fiumi che sfociavano in mare. Qui si tratta dell'Arno.
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si ruinò, che nulla la ritenne.
5.124
Lo corpo mio gelato in su la foce
5.125
trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse
l'Archian rubesto : è il soggetto della frase.
5.126
ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce
la croce: le braccia atteggiate in croce.
5.127
ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse;
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voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
5.129
poi di sua preda mi coperse e cinse».
5.130
«Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
5.131
e riposato de la lunga via»,
5.132
seguitò 'l terzo spirito al secondo,
5.133
«ricorditi di me, che son la Pia:
la Pia: è la senese Pia de' Tolomei, moglie di Nello d'Inghirano dei Pannocchieschi, da lui uccisa in circostanze misteriose nel castello della Pietra, in Maremma. Sembra che Nello intendesse liberarsi di lei per passare a nuove nozze con Margherita Aldobrandeschi.
5.134
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
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salsi colui che 'nnanellata pria
salsi: dall'arcaico sallosi (forma sincopata): lo sa colui che prima, sposandomi, mi aveva inanellato con la sua gemma.
5.136
disposando m'avea con la sua gemma».
E se non fosse ch'io drizzai mia cura, | quand'io intesi là dove tu chiame, | crucciato quasi a l'umana natura: • Purgatorio, Canto 22, Verso 37